Nel video Beatrice si riferisce alla storia di Ines, una partecipante a un percorso di Mindfulness da lei condotto.
Nel libro “I sette pilastri della mindfulness” ne parla a proposito del NON GIUDIZIO:
Ines ha ventisette anni, ma sembra un’adolescente, soffre di anoressia e, anche se lo camuffa con un abbigliamento oversize, è gravemente denutrita. Mi chiede da subito di entrare nel gruppo di mindfulness in partenza da lì a breve e, dopo un colloquio di valutazione, scelgo di accoglierla per diverse ragioni: credo molto infatti, oltre che nell’efficacia della mindfulness, nel potere del gruppo come risorsa per la crescita e aiuto in svariate forme di disagio emotivo.
La prima sera, Ines arriva in studio con tre quarti d’ora di anticipo sull’orario concordato. La sua sofferenza è visibile nella postura rigida, nei tremori, nelle smorfie che fa ogni volta che si porta il cibo alla bocca. Sono contenta che abbia scelto di consumare il pasto nello studio e ipotizzo che questo attenui la sua ansia: per una sera potrà sfuggire all’occhio vigile dei suoi genitori.
Durante il primo incontro Ines con coraggio prende la parola per condividere la sua esperienza relativa alla pratica appena conclusa e descrive: ” All’inizio mi sono sentita tranquilla. Poi ho portato l’attenzione al senso di contatto del corpo sulla sedia. Una lama mi ha attraversato da parte a parte, mentre sentivo la pressione del mio sedere sulla sedia. Mi sentivo pesante, pesantissima, come se sprofondassi. Perché sono tanto pesante e grossa, capite, che mi sembrava di occupare tutta la stanza!» Stavolta inizia a piangere sul serio, è scossa dai singhiozzi. Riesce a emettere qualche vaga parola di scuse… per averci rovinato l’umore. Chiedo a Ines di spiegare, se lo desidera, in che punto ha sentito la lama che la trafiggeva. Lei si indica il diaframma. «Fa ancora male?» «Sì, solo un po’ meno, ma lo posso sentire chiaramente.» «E c’è qualche pensiero che sorge insieme al dolore?» «Eh sì, è sempre il solito… penso che me lo merito!» «Ines, cosa intendi per ‘meritarlo’?» «Sono vuota e superficiale, mi merito di soffrire!»
«Ok, Ines, va bene. Grazie per il coraggio che hai avuto di aprirti così tanto, l’ho apprezzato molto. Questo è solo l’inizio del viaggio e nemmeno io so dove ci porterà. Ma ci muoviamo. Siamo vivi e tutto questo dolore è una cosa che c’è adesso. Se non ci aggrappiamo a esso, e non lo rifiutiamo, ci porterà in una direzione.»
A tutti può capitare di giudicarsi negativamente ma è importante lenire il potere distruttivo del giudizio attraverso l’accettazione profonda e incondizionata di se stessi.
La pratica di mindfulness aiuta a scollegare l’esperienza dal giudizio per dare molto più respiro all’esperienza diretta, con tutta la carica vitalizzante che porta sempre con sé. Quando ci accorgiamo di giudicare, possiamo scegliere
di prendere quel giudizio come verità assoluta o…fare spazio alla vita.
Impariamo, dunque, a lasciar andare i giudizi, gli schemi mentali, i sistemi di credenze che vengono dal passato, facendo particolare attenzione a depotenziare per primi quelli negativi.
La pratica che segue può aiutare a sospendere il giudizio e promuovere l’accettazione. Clicca per ascoltarla e…buona pratica
Storia tratta dal libro “I sette pilastri della mindfulness” acquistabile nelle migliori librerie oppure online