Il cervello dipendente

La dipendenza non è una debolezza ma una malattia

il cervello dipendente
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Note: A cura di Maria Beatrice Toro

 

 I risultati delle ricerche più avanzate sulle vecchie e nuove dipendenze che minacciano adolescenti e adulti: dalla droga al cibo, dalle scommesse all’attività fisica.

Dipendenza: una parola inquietante, che evoca immagini e situazioni drammatiche, legate all’abuso degli stupefacenti. Ma se ci riflettiamo con attenzione, ci rendiamo facilmente conto che siamo dipendenti da tante cose, niente affatto negative: per esempio dall’aria, dall’acqua, dal cibo. Dunque è necessario distinguere tra la ‘dipendenza’ intesa come la naturale attitudine del nostro organismo a mantenersi attivo e in forma, e l’effetto che alcune sostanze e alcune attività producono sul cervello, alterandone le risposte e inducendo comportamenti patologici. La scienza oggi definisce più correttamente addiction questa dipendenza ‘negativa’ ed è in grado di tracciare con maggior precisione i contorni del problema: l’individuo dipendente non è vittima della propria mancanza di volontà, ma soffre di una vera e propria malattia cronica, caratterizzata della perdita di controllo sull’uso delle sostanze e su determinati comportamenti.
In questo volume, Maria Rita Parsi intervista Luigi Pulvirenti, uno dei più insigni studiosi mondiali di neurofarmacologia, sulle più scottanti tematiche legate al funzionamento del cervello: che cos’è il ‘cervello dipendente’, cosa accade quando l’addiction non è causata da droghe ma da altre attività apparentemente innocue (il gioco d’azzardo, il cibo, l’attività fisica), come la scienza è in grado di aiutarci ad affrontare i problemi sociali e comportamentali connessi alla patologia dell’addiction. Un saggio che è anche uno strumento aggiornatissimo e completo per i genitori, educatori, psicologi e operatori sociali.

Un brano:
“Si può dipendere da molte cose: dall’alcol, dalle droghe, dai farmaci ma anche dagli oggetti, delle idee, dalle persone, dai concetti; si può dipendere soprattutto dall’amore. E da quest’ultima dipendenza che forse dobbiamo partire, iniziare a scavare per trovare le radici di quello che sembra essere un male che accomuna tutti quanti, un male che è difficile riconoscere, difficile ammettere, perché spesso si confonde con le abitudini e si fonde alle speranze, a quei buoni propositi che ogni giorno rimandiamo, che ogni giorno ci ripromettiamo di affrontare ma che poi si perdono, diventano muti, ciechi, sordi, fino a plasmare la nostra fragile personalità.
La dipendenza è prima di tutto immobilità.”