Un’indagine che fa luce sui desideri
DoxaKids e SOS Il Telefono Azzurro Onlus, attraverso L’Osservatorio Adolescenti , hanno provato a rispondere alla domanda “Cosa vuol dire essere un adolescente oggi?” svolgendo un indagine su pensieri, emozioni e comportamenti di oltre 1550 teenagers tra gli 11 e i 19 anni (2015) residenti nel territorio italiano, ponendo loro 100 domande su tematiche individuali, sociali e di attualità. I ragazzi sono stati interrogati rispetto a temi come l’alimentazione e la salute, le nuove tecnologie e la vita online, il tempo libero e lo sport, la scuola, la percezione corporea, la sessualità, le loro relazioni significative con i genitori e con i pari e i loro desideri sul futuro. Alla domanda su cosa desidererebbero nella scuola dei loro sogni il 51% ha risposto che vorrebbe che ci fosse più sport, 49,6% ragazzi ritiene che ci dovrebbe essere un maggior orientamento verso il mondo del lavoro e maggiori occasioni di contatto con le aziende, più tecnologia (44%), musica, arte e cultura (42,7%), più attenzione alle emozioni (33,2%). Questa ricerca mostra, altresì, il desiderio degli adolescenti di essere visti e di autoaffermarsi. Sebbene questa sia una caratteristica tipica del periodo dell’adolescenza, nella società odierna il desiderio di essere visti si traduce nel desiderio di essere guardati e di essere apprezzati con un like, con il desiderio che la propria immagine sia apprezzata. Relativamente alla percezione di sé infatti i ragazzi rispondono che se avessero una bacchetta magica il 42% dei maschi vorrebbe essere più muscoloso e il 43% delle femmine essere più magre. Il 30% degli adolescenti del campione vorrebbe essere più ricco e più bello.
La difficoltà di sognare
Ciò che colpisce, nell’indagine sopracitata, ma anche in altre rilevazioni, è la centralità della cura della propria immagine e del soddisfacimento dei bisogni più immediati a discapito della cura di qualcosa di più ampio e profondo (temi etici, ma anche progetti di realizzazione di sé in un lavoro significativo, in una famiglia, in una comunità), che sono presenti in una minoranza di ragazzi. Oggi, a causa della colossale pervasività della dimensione dell’immediatezza, non sembrano esserci più né il tempo né luogo per sognare un mondo migliore… E, forse, neppure per pensare il proprio progetto. Molti ragazzi sono in difficoltà quando si tratta di elaborare piani che richiedono un po’ di tempo e fatica: cresciuti senza troppi no, sono stati resi fragili e dipendenti dall’iperprotettività dei genitori.
La crisi economica ha amplificato, poi, le difficoltà insite nella complessità della globalizzazione, portando gli adulti a trasmettere un clima di sfiducia e di pessimismo. Fatto sta che i giovani di oggi sembrano aver bisogno di essere ”aiutati a sognare”!
Un giovane che non sogna è una ferita sociale che ci riguarda tutti, perché il giovane ha bisogno di sognare e se non lo fa è un giovane malinconico, che non avrà la forza di affermarsi e neanche di essere felice… restando dipendente dalla famiglia di origine. Questa viene vissuta come un “bene rifugio”, un luogo a cui tornare o dal quale non distaccarsi mai, troppo spaventati dal mondo e troppo pessimisti sulla vita.
Il ruolo degli adulti
È importante, allora, come adulti, star loro vicino, ma evitare di dare noi le risposte che cercano e costruire noi i loro percorsi, non sarebbe giusto. Meglio lasciare loro quel tanto di insoddisfazione che serve a aver sete di qualcosa di nuovo, di qualcosa di più, di meglio. I ragazzi, oggi come ieri, sono inquieti, generosi, gioiosi: non dobbiamo lasciarli soli, ma, neppure, opprimerli con una presenza assillante. Quanti genitori hanno difficoltà a staccarsi dai figli! E quanti genitori sono affettivamente dipendenti dai figli… E quanti genitori prendono a modello i loro modi di vivere, imitandoli.
La società
La società oggi è, infatti, molto infantilizzata e a volte cede alla tentazione di usare i giovani come riferimento (basta guardare a quanto gli adulti spesso occupino i social con modalità giovanilistiche, o prendano ispirazione dai figli per scegliere l’abbigliamento e il linguaggio), mentre dovrebbero essere loro a trovare il riferimento in noi, sia pure per metterlo in discussione e superarlo. Cerchiamo, dunque, di essere talent scout delle loro qualità, se ce lo chiedono, aiutiamoli a scoprire cosa li potrebbe ispirare, quale sia la società che vorrebbero, quale sia la loro vera vocazione, aldilà dei bisogni del momento.
Il distacco dall’adulto
Farlo con disponibilità, significa dare loro gli strumenti per distaccarsi da noi adulti. E, anche se il distacco ci può far soffrire, lasciarli essere veramente liberi è, davvero, il modo più autentico che oggi abbiamo a disposizione per amarli.
L’articolo è stato pubblicato sulla rivista di animazione vocazionale “Rogate Ergo” del mese di novembre 2018 n.11