Solo il 5% dei genitori, nonni, zii, ha risparmiato sui regali ai bambini, che si confermano come i protagonisti assoluti del Natale. I genitori riducono all’osso la spesa per se stessi pur di non far mancare nulla ai figli, si sacrificano notevolmente rinunciando anche all’albero e agli addobbi, ma non riescono a non colmare i bambini di oggetti, forse per compensare il poco tempo passato insieme. Tra i regali spiccano, ancora una volta, i vestiti e gli oggetti elettronici, specialmente per i più grandicelli. Il genitore corre per cercare di spendere meno e procede un po’ a tappe forzate, facendo le cose in modo frenetico, come se biglietti e pacchetti fossero atti dovuti. Ma è davvero questo l’atteggiamento pedagogico più giusto? O, forse, nell’acquisto compulsivo perdiamo di vista il bambino e ciò che ci comunica?
Per consolidare le sicurezze del bambino bisogna «resistere alla tentazione di regalare il gadget più costoso» in favore «di un gioco che consenta di esplorare, conoscere e sostenere le proprie abilità e le relazione con gli altri»: è questo il parere di Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva, autrice del libro ‘La cura psicologica del bambino’.
«Il senso del dono nel mondo digitale e istantaneo – aggiunge – potrebbe risiedere proprio nel saper regalare un tempo veramente festivo che il bambino possa vivere in autonomia, sperimentando attraverso i giochi per poi mostrare cosa sa fare, insieme ad altri bimbi o ai genitori».
Ciò non significa, naturalmente, che il gioco tecnologico vada bandito: basta poco per usarlo in maniera intelligente. Anche per quanto riguarda i cosiddetti “simulatori di vita” su cui gli psicologi si sono divisi. Come il Tomodachi life, un gioco lanciato da Nintendo che si basa sulle relazioni tra il giocatore e il suo ‘Mii’ (amico in giapponese) a cui dà aiuto e consigli. «Usiamolo come una occasione di dialogo – spiega Maria Beatrice Toro -. Ogni personaggio che sarà la trasposizione virtuale del bambino, viene costruito in base ad alcuni parametri fisici e caratteriali. Il gioco ne trae un profilo personologico che comprende gusti, bisogni, affinità e rivalità dei più piccoli. I bambini si divertono e si stupiscono delle conseguenze stravaganti che l’impostazione data al personaggio ha sulle sue preferenze e comportamenti».
Spazio poi ai regali che stimolano la creatività come un microfono per cantare o una tastiera virtuale (ad esempio Virtual keyboard o Synthesia) »con tante funzionalità e tutorial o, per i più grandi, un programma per creare basi musicali su cui esercitarsi come DJ o produttore« (Reaper, FL studio); oppure macchine fotografiche digitali e programmi di elaborazione delle immagini. “Significa dare loro un input a essere creativi e un sostegno alla fiducia in se stessi”. Sì anche ai giochi da “costruire” e per cucinare, tipo ‘Cooking mama’, o le app per iPhone o Android “soprattutto se poi si realizza la ricetta ai fornelli assieme ai genitori”. E va bene anche il coinvolgimento fisico 2.0, »dai giochi per più piccoli tipo Hullabaloo, in cui i bambini devono effettuare movimenti insieme, a quelli per ragazzini più grandicelli, che ameranno ballare alla Wii con Just dance, da preferirsi rispetto ad altri videogiochi, perchè non generano dipendenza. Regali e tecnologia a parte, vanno preservati i “riti familiari” come appendere la calza in cucina o mangiare qualche dolce speciale. “I bambini – conclude Maria Beatrice Toro – ne sono molto rassicurati, per loro sono ciò che di più memorabile ci sia. In fondo, se pensiamo alla nostra infanzia, ricordiamo più il modo in cui festeggiavamo, che i doni ricevuti. Questo è ancor più vero oggi che i regali si sono moltiplicati e che il confine tra feriale e festivo si è indebolito”.