Secondo il centro statunitense di controllo delle malattie il suicidio rappresenta la seconda causa di morte dei giovani tra i 15 e i 25 anni.
Nel biennio della pandemia gli accessi all’ospedale pediatrico bambino Gesù di adolescenti per tentato suicidio o gravi atti di autolesionismo sono aumentati del 73%. I dati riguardanti il polo pediatrico non hanno bisogno di commento, si è passati dai 369 casi negli anni 2018-2021 a 649 tra il 2021-2022. Un caso al giorno in media. Spesso in assenza di una vera e propria malattia psichiatrica.
Maria Beatrice Toro spiega che può essere un gesto impulsivo perché l’adolescente è in un periodo storico della sua evoluzione in cui può provare sentimenti intensi di rabbia, quando ci sono degli eventi particolarmente perturbanti può rivolgere questa rabbia verso di sè, se si sente indegno, rifiutato, escluso… questo questo purtroppo può avvenire anche in seguito a dei repentini cambiamenti nell’evoluzione delle sue relazioni personali.
È fondamentale cogliere da subito il primo segnale di sofferenza.
Se vediamo un ragazzo aperto, pieno di amici, che all’improvviso si isola è bene farsi lo scrupolo di sapere cosa sta succedendo. Non necessariamente perché deve essere qualcosa di grave ma è giusto far sentire la propria presenza.
Non insabbiare il disagio, affrontarlo, farlo venire alla luce… è questa la strategia più efficace!
In psicologia mettere in parole l’incoffessabile è davvero il passo fondamentale per poter risolvere una cosa così grave insieme, perchè certamente se ne esce.
Se c’è un proposito suicidario è fondamentale che vengano coinvolti dei professionisti esperti che sanno trovare le giuste parole e dare le giuste indicazioni a tutta la famiglia.