Mentre conosciamo di più lo scenario dell’omicidio al Collatino, anche attraverso l’agghiacciante verbale dell’interrogatorio di Marco Prato, uno dei due killer di Luca Varani, ci chiediamo quale ruolo abbia giocato il poliabuso di sostanze e alcool continuativo in cui ragazzi dall’identità problematica si buttano pur di fuggire dalla realtà. E ne creano un’altra, parallela, aizzati dalla violenza che li ha posseduti. La morte, però, è reale, non si cancella cambiando canale, spegnendo un videogioco o abbandonando il party. In questa raccapricciante vicenda, infatti, l’omicidio matura all’interno di un party chimico in cui sesso e droga si mescolano generando un cocktail letale costato la vita a un ventitreenne. Le sostanze stupefacenti assunte dai due, in questo caso, hanno avuto un ruolo cruciale contribuendo a generare una disinibizione sessuale e a scatenare gli istinti aggressivi più profondi. Elementi, questi ultimi, che si sarebbero potuti contenere o reprimere senza il potente effetto del poliabuso di sostanze che ha evidentemente contribuito a rendere i due più audaci e meno sensibili.
La cornice in cui questa vicenda si inserisce – continua la Prof.ssa Toro intervistata ai microfoni di teleradiostereo – al di là delle considerazioni esistenziali, è quella di un delitto a sfondo sessuale. Dunque, visto il piacere che il criminale ne trae e data l’incapacità di provare pietà per la vittima, un reato ad alto rischio di serialità.
Questa storia ricorda – troppo- il modus operandi nel massacro del Circeo.
Fondamentale, allora, non fare degli imputati due star dell’orrore: meglio aprire uno spazio di riflessione.
Complimenti Dottoressa. Veramente brava e utili le sue considerazioni. Un campanello d’allarme di cui sono altamente responsabili anche i giornalisti e la televisione. I neuroni specchio in funzione con i virus tv